Screening mammografico gratuito, la Fp Cgil calabrese dalla parte della sanità di qualità e per tutti

“Nel nostro Paese, durante tutto il mese di ottobre, vi sono varie opportunità di partecipare ad iniziative di screening presso strutture sanitarie che aderiscono a progetti per la lotta contro il tumore al seno. Si tratta di input che fanno ben sperare in una migliore organizzazione dei servizi pubblici non solo nella fase della ricerca, della cura e dell’assistenza, ma soprattutto in quella della prevenzione”.  Lo afferma in una nota la segreteria regionale FP CGIL. 

“Riteniamo infatti che questa possa essere la chiave di volta per mantenere in buona salute la popolazione.  Dai dati del 2019 si evince che i tumori mammari rappresentano il 30% della totalità di tumori maligni diagnosticati alle donne, e che i nuovi casi di carcinomi della mammella stimati in Italia sono stati 53.200. Una buona notizia arriva però proprio dalle campagne di screening che in Italia contribuiscono ad una netta riduzione della mortalità che, in questo caso, si aggira al 25%”, continua la segreteria regionale.
“L’FP CGIL, ritiene che anche nella nostra regione, lo screening mammografico gratuito debba essere strumento primario nella lotta al tumore del seno e debba essere indirizzato principalmente al le donne fra i 50 ed i 74 anni e a tutte quelle predisposte alla patologia per familiarità, prevedendo l’esecuzione di una mammografia bilaterale ogni 2 anni.

Sempre nel corso del mese di ottobre, in particolare il 10, si celebrerà la Giornata mondiale della salute mentale, che quest’anno vede un rinnovato Piano d’azione per la salute mentale 2013 – 2030, aggiornato lo scorso 21 settembre dall’Oms. La FP CGIL calabrese fa proprio lo slogan adottato per la campagna dell’Oms di quest’anno “Salute mentale per tutti: facciamola diventare realtà”. Un rinnovato impegno per tutta l’organizzazione sindacale che nei suoi programmi si farà carico di visitare tutte le strutture che erogano servizi psico-sociali presenti sul territorio regionale per radiografare lo stato dell’arte dell’assistenza e, quindi, per chiedere al prossimo governo regionale ed al Ministro Speranza investimenti mirati per questo delicato settore, tenuto conto che la situazione fin qui registrata non è delle migliori e la carenza di strutture adeguate e di figure professionali specialistiche in progressiva ingravescenza, visto che la percentuale del 5% del finanziamento del Servizio Sanitario Nazionale condivisa dalle Regioni è ancora un miraggio.  La combinazione ambulatorio/ricovero ospedaliero resta spesso l’approccio prevalente mentre si dovrebbe auspicare ad un superamento dello stesso, attraverso la costruzione di nuovi progetti all’interno di una rete territoriale integrata con altre agenzie/organizzazioni capaci di offrire supporto ai coraggiosi operatori che già si spendono per realizzare a favore dei pazienti un irrinunciabile processo dell’abitare, del lavorare e del socializzare”.

Domani stato di agitazione dei lavoratori della sanità. I sindacati: “Troppe illusioni e mancate risposte”

Ancora in piazza con i lavoratori della Sanità calabrese pubblica e privata per rivendicare un vero cambio di passo alla struttura commissariale, alla Regione e nella governance di tutte le strutture. FP CGIL CISL FP UIL FPL hanno proclamato lo stato di agitazione degli operatori della sanità pubblica e privata ed indetto un sit in davanti alla Cittadella regionale, giorno 30 giugno alle ore 10, sostenute dalle rispettive Confederazioni regionali e dalle categorie dei pensionati, per chiedere che si manifesti con azioni tempestive e concrete la volontà di risolvere i disagi dei lavoratori e dei cittadini calabresi da parte di chi ha responsabilità e compiti istituzionali nel governo del Sistema Sanitario Regionale.

 

“Troppe ancora le criticità, troppe le attese disilluse, troppi i bisogni di salute senza risposta, già un anno fa la lunga lista di richieste e l’appello a fare presto erano stati al centro di analoga manifestazione, ma sembra che il tempo sia trascorso invano e i nodi cruciali siano ancora irrisolti, a partire dai riconoscimenti economici alle lavoratrici ed ai lavoratori della sanità per l’impegno profuso in tempo di pandemia, corrispondendo finalmente la cosiddetta indennità Covid; per passare al punto fondamentale delle assunzioni e dei rinnovi dei contratti in scadenza, ma anche per i mancati confronti sulla pianificazione operativa, lo smaltimento delle liste d’attesa, il potenziamento della sanità territoriale, l’assistenza agli anziani e tutta la partita sulla sanità privata con al primo punto il mancato finanziamento regionale del rinnovo contrattuale Aiop- Aris, ma anche tutte le altre problematiche relative a questo comparto”, ribadiscono i segretari generali regionali Calabria, Alessandra Baldari (FP CGIL), Luciana Giordano (CISL FP), Elio Bartoletti (UIL FPL).

“Non ci arrendiamo all’inerzia, alla lentezza, al rinvio di temi che sono fondamentali per cambiare un sistema sanitario regionale che arretra piuttosto che risanare, per questo torniamo in piazza, perché il diritto alla salute deve essere garantito a tutti i cittadini calabresi e il diritto alla sicurezza e ad un lavoro dignitoso deve essere garantito a tutti i lavoratori e le lavoratrici della sanità pubblica e privata. Per tutte queste ragioni si fa appello alla massima partecipazione all’iniziativa”.

Atto aziendale Mater Domini, Fp Cgil al commissario Giuliano: “Osservazioni del rettore non pertinenti. Vuole imporre i “suoi” nomi” 

“Il commissario straordinario dell’azienda ospedaliera non tenga conto delle osservazioni del rettore dell’Umg”. L’atto aziendale dell’azienda ospedaliera universitaria Mater Domini torna non smette di infuocare il dibattito. Franco Grillo segretario generale FPCGIL Area Vasta, Ivan Potente coordinatore FPCGIL Medici e Dirigenza Sanitaria Area Vasta, Anna Rotundo coordinatore FPCGIL Medici e Dirigenza Sanitaria AOUMD, chiamano in causa Guido Longo, commissario regionale per la sanità, e in particolare Giuseppe Giuliano, commissario straordinario dell’Azienda ospedaliero-universitaria Mater Domini. A quest’ultimo, i sindacalisti chiedono “di badare esclusivamente al rispetto delle norme esistenti e alla vera e necessaria organizzazione dell’azienda ospedaliera”. Secondo la Fp Cgil, infatti, “il rettore vorrebbe imporre tutti i nomi degli universitari nei ruoli apicali, non tenendo conto delle professionalità che invece esistono sul territorio”.

E ancora:  “Rigettiamo le osservazioni formulate dal rettore, le quali non sono ricettive della normativa attuale, e prendono in considerazione  un protocollo d’intesa del 2004 e non invece delle modifiche intervenute negli anni”. In sostanza, per il sindacato, le osservazioni fatte dal rettore Giovambattista De Sarro sull’atto aziendale del Mater Domini non sono pertinenti.

“Al di là di un vaglio che molto probabilmente faremo nelle sedi giudiziarie opportune, ovvero al Tar della Calabria, produrremo delle osservazioni che inoltreremo al Ministero dell’Università e Ricerca scientifica perché riteniamo che l’atteggiamento del rettore è esorbitante rispetto al ruolo che dovrebbe esercitare”.

Atto aziendale del Mater Domini, la Fp Cgil risponde al commissario Giuliano sull’“ignobile privilegio”: “La legge è uguale per tutti, ma per alcuni è più uguale” 

Franco Grillo segretario generale FPCGIL Area Vasta, Ivan Potente coordinatore FPCGIL Medici e Dirigenza Sanitaria Area Vasta, Anna Rotundo coordinatore FPCGIL Medici e Dirigenza Sanitaria AOUMD, ritornano sull’atto aziendale dell’azienda Mater Domini: “Il grande Fabrizio De André in una delle sue tante opere somme quali la famosa “Domenica delle Salme” dice testualmente: “Il ministro dei temporali in un tripudio di tromboni auspicava democrazia con la tovaglia sulle mani e le mani sui..”. Beh ci sia consentita questa alta citazione a proposito della ulteriore “involuzione” della querelle su Atto Aziendale AOUMD. Infatti noi ci eravamo appena espressi, anche pacatamente e in modo discorsivo, su tale dinamica, giudicandolo lesivo dei diritti dei medici ospedalieri operanti nell’azienda medesima. La serata di ieri invece ci ha investito con una dichiarazione degna del periodo più passionale dello Sturm und Drang con la quale il Commissario Straordinario fa sapere urbi et orbi che: “La medesima ragione supporta la difficoltà di prevedere alcune strutture come riservate al medico ospedaliero con l’automatica esclusione di un docente a partecipare alla procedura selettiva per l’affidamento di un incarico non riservato al personale universitario. Infatti in questo caso nulla escluderebbe una partecipazione di un docente ad un ruolo primariale o di struttura semplice o dipartimentale come chiunque ne abbia il requisito. Tale circostanza violerebbe il principio di eguaglianza e parità di trattamento risultante come un ignobile privilegio a favore di una categoria professionale (l. medici ospedalieri) sol perché non riveste lo status di professore universitario se non prevista dal legislatore”. 


Quando la realtà supera la fantasia. Diciamo fin da subito che il concetto di “ignobile privilegio” potrebbe trovarci d’accordo in un sol caso: laddove lo stesso principio venisse applicato alle strutture a direzione universitaria: non si può forse parlare di privilegio il continuare a riservare 38 strutture complesse su 41 nonché 8 strutture cliniche a valenza dipartimentale su 10 alla esclusiva direzione universitaria in palese assenza del protocollo d’intesa Università-Regione? Cosa ci dice lo straordinario Commissario su questo argomento? Avvisiamo prima di non impelagarsi in citazioni sulla legge 517: dice cose ben più complesse di quello cui qualcuno fa riferimento. Vieppiù una considerazione a latere ma non troppo: nonostante la struttura universitaria insista oramai da molto sul territorio regionale non vediamo ancora il fiorire di una classe di docenti autoctoni che, essendo del territorio, avrebbero certo voglia e capacità per difendere lo stesso. Sono tanti, a memoria, gli accademici formati presso le strutture della Magna Graecia poi “volati via” nel breve volgere di qualche anno. Anche questa ci pare una peculiarità; se vantarsi o meno della stessa beh lasciamo libertà di coscienza anche al Commissario Avv. Giuliano”, continuano i sindacalisti.

“Ci sovviene un dubbio: forse che il Commissario Straordinario sia un profondo lettore e ammiratore di George Orwell?  In questo caso potrebbe applicarsi la famosa considerazione che lo stesso Orwell fa nel famoso romanzo “La fattoria degli animali” nel momento in cui si decise di porre fine allo stato di diritto: “La legge è uguale per tutti, ma per alcuni è più uguale”. Mentre lei decide, caro Commissario Straordinario- concludono Grillo, Potente e Rotundo- noi procediamo con la dichiarazione di stato di agitazione permanente della categoria e avvio delle procedure di raffreddamento dei conflitti presso la Prefettura territorialmente competente. Buona meditazione!”.

Fp Cgil: “La Mater Domini non è un’azienda Ospedaliera Universitaria ma un Policlinico a gestione diretta”

Azienda Universitaria Mater Domini: no, non è un refuso. In effetti istituzionalmente dovrebbe chiamarsi Azienda Ospedaliera Universitaria Mater Domini. Tuttavia, dopo la proposta di atto aziendale che recepisce le ulteriori modifiche richieste dal Rettore, di ospedaliero è rimasto ben poco.  Pertanto, chiederemo al Commissario alla sanità regionale di cambiare nome all’Azienda e di ratificare quella che è già una situazione di fatto: la totale mortificazione della professionalità dei tanti medici ospedalieri che lavorano da diversi anni nella struttura e costituiscono la spina dorsale dell’assistenza prestata nell’azienda”.

Lo affermano con una nota Franco Grillo segretario generale FPCGIL Area Vasta, Ivan Potente coordinatore FPCGIL Medici e Dirigenza Sanitaria Area Vasta, Anna Rotundo coordinatore FPCGIL Medici e Dirigenza Sanitaria AOUMD, i quali intervengono sulla proposta dell’atto aziendale dopo le richieste del rettore dell’Umg, Giovambattista De Sarro.

“Infatti, gli stessi si vedono relegati a poter accedere ad appena 3 strutture complesse su 41 (38 sono ad esclusiva direzione universitaria), mentre le strutture cliniche a valenza dipartimentale riservate agli ospedalieri sono appena 2 su 10 (8 riservate agli universitari) e le 16 strutture semplici potranno essere a direzione universitaria o ospedaliera (bontà loro!). Vale a dire il nulla. Badiamo bene che non è affatto un problema di poltrone come si potrebbe pensare da un’analisi superficiale. Dentro l’attività condotta dai medici ospedalieri dell’Azienda Mater Domini ci sono decine di migliaia di pazienti presi in carico, procedure assistenziali ad alta complessità, professionalità e competenze sviluppate negli anni. Non a caso la dinamica così preconfezionata discute di merito senza mai parlare di metodo. In base a quale dogma dovremmo accettare una simile stortura? Per cortesia non si citi la legge 517 o il vecchio accordo regione-università: difatti la legge dice tutt’altro e l’accordo è scaduto da oltre 10 anni senza che se ne sia fatto un successivo. Ci sarà un perché? L’atto aziendale così emanato dal Commissario azzera ogni possibilità di sviluppo professionale dei medici ospedalieri e mortifica quelle competenze che potrebbero continuare a dare prospettiva di cura ai pazienti. A perderci sarà l’assistenza medica”, scrivono Grillo, Potente e Rotundo.

“Lo stesso Prof. Indolfi è intervenuto lamentando il declassamento della Emodinamica che si era certamente distinta, rispetto ad altre strutture a direzione universitaria, per qualità e quantità dell’assistenza prodotta. Un declassamento inaccettabile specie se lo si rapporta, da quanto a noi risultante, anche al grande lavoro formativo svolto dal docente nel creare una squadra che potesse e sapesse intervenire anche in assenza del titolare con le medesime qualità nonché alle criticità indotte dalla questione S. Anna che obbligheranno le altre emodinamiche quindi anche quella universitaria ad un certo surplus. Questo a proposito di metodo. Tal guisa dà ragione, una volta ancora, del fatto che le tante modifiche siano senza un reale costrutto e nulla abbiano a che fare con l’impellente necessità di dare quelle risposte sanitarie di cui la regione ha bisogno. Sì proprio la regione. Questo perché, almeno fin quando la sede di Medicina di Cosenza non decollerà definitivamente, il Policlinico Mater Domini è ancora un’azienda che dovrebbe avere capacità attrattiva perlomeno regionale. Quando si completerà il percorso di Medicina a Cosenza, fatto che non tarderà ad arrivare, conoscendo la capacità indiscussa dei vertici dell’Università della Calabria, vedasi classifiche nazionali e non, il Mater Domini potrebbe risvegliarsi, in un breve volgere di anni, come un’addormentata, non più bella, in un contesto cui sarebbe avulso. Il Commissario Straordinario non può accettare. Egli infatti è nominato dal Commissario alla sanità regionale d’intesa con l’Università, quindi non risponde in via esclusiva al Rettore ma deve, in prima istanza, tener conto elle logiche programmatorie regionali. Questo il momento di gettare la maschera- concludono i sindacati– La Mater Domini non è un’azienda Ospedaliera Universitaria ma un Policlinico a gestione diretta. Ne ha tutte le caratteristiche: dalla bulimia di incarichi riservata agli accademici al debito monstre che continua ad accumulare. La regione si attrezzi per imporre il cambiamento necessario!”.

Incoerenza, confusione e paralisi. Baldari (Fp Cgil), Giordano (Cisl Fp) e Bartoletti (Uil Fpl): “Sanità calabrese in panne”

“È con profondo rammarico, ma anche con piena consapevolezza che esprimiamo il nostro disappunto per
l’ennesimo tentativo di dare alla Sanità calabrese una guida all’altezza e ritrovarsi invece ancora con una
guida deludente quanto a competenze manageriali e sanitarie”. Sull’operato del commissario alla sanità Guido Lungo, non hanno dubbi Alessandra Baldari (segretaria generale FP CGIL Calabria), Luciana Giordano (segretaria generale CISL FP Calabria), Elio Bartoletti ( segretario generale UIL FPL Calabria). 

“L’operato del Commissario della Sanità Longo si sta rivelando, giorno dopo giorno, decisamente insufficiente,
nonostante la serie di attività declinate dallo stesso in Consiglio regionale. La situazione nella nostra regione resta critica in tutte le strutture sanitarie e in molti centri calabresi che, nella generalità della zona arancione, spiccano con la colorazione rossa, ovvero con gradi di contagio particolarmente elevati che pongono un quesito sempre attuale, ma in questa regione che fine ha fatto il tracciamento? Per intenderci, quello che le USCA, mai potenziate e messe a regime secondo gli standard nazionali, avrebbero dovuto attivare per tenere a bada i cluster di contagio? E i finanziamenti destinati a queste attività che fine hanno fatto?”, si chiedono i sindacalisti.
“Riguardo l’andamento delle attività di vaccinazione, emergono particolari contraddizioni tra i tre piani
vaccinali non efficacemente interconnessi che generano ancora oggi rallentamenti nella diffusione di
somministrazioni ai soggetti più fragili e fughe incontrollate che riguardano fasce di popolazione che non
avrebbero piena priorità, ma che sempre più spesso vengono vaccinate a scapito di una logica che
giustamente esige la protezione dei cittadini maggiormente a rischio di aggravamento delle condizioni di
contagio, con la conseguenza della necessità di ricovero presso le strutture sanitarie, ormai in estrema
sofferenza da troppo tempo a causa di mancati interventi risolutori riguardo il numero di posti letto dedicati,
dovuti alla insoddisfatta priorità di procedere celermente alle assunzioni, nonostante le cospicue risorse
assegnate alla nostra regione e le deroghe ai vincoli assunzionali previste proprio in ragione dell’emergenza
pandemica. Non solo, ancora riguardo alle attività di somministrazione dei vaccini, è davvero imbarazzante
che sia lo stesso Commissario che, con argomentazioni molto discutibili espresse nel corso di una
trasmissione televisiva, sia protagonista di una decisione che ha riguardato una parte di dipendenti pubblici,
“i suoi”, senza tener conto di operare una concreta discriminazione in danno dei cittadini ultra ottantenni e
più fragili che sono ancora in attesa del vaccino ed una differenziazione anche sullo stesso luogo di lavoro, la
Cittadella regionale, o un distinguo con i dipendenti del Consiglio che rammentiamo ospita un Centro
vaccinale, a cui ha posto rimedio con una pezza peggiore del buco, dando corso ad un accordo di parte, in
spregio alle più elementari e corrette relazioni sindacali. Questo aspetto è di particolare gravità in quanto
tradisce la scarsa, se non del tutto assente, consapevolezza del rispetto per i lavoratori rappresentati dalle
maggiori sigle sindacali confederali dei servizi pubblici che in questi mesi, con molta pazienza, hanno provato
ad intessere relazioni sindacali corrette, senza sceneggiate mediatiche, cercando un confronto costruttivo
con la struttura commissariale, ancora una volta, per porre all’attenzione le criticità esistenti ed offrire
soluzioni concrete. Ma in spregio anche ai tanti lavoratori pubblici che, non potendo usufruire dello smart
working in quanto rendono servizi pubblici indifferibili, sono rimasti sui luoghi di lavoro, a contatto
quotidianamente con l’utenza e, molto spesso, protetti da DPI inadeguati o acquistati personalmente”, continuano nella nota unitaria Baldari, Giordano e Bartoletti.

“Ad oggi, registriamo l’incapacità all’ascolto, o peggio l’inconsapevolezza dei ruoli e le mancate risposte alle
innumerevoli sollecitazioni che le categorie di FPCGIL, CISL FP e UIL FPL hanno indirizzato al Commissario, a
partire dall’ineludibile piano delle assunzioni, cogliendo il grido di allarme dei lavoratori della sanità in trincea,
ma anche di alcuni manager che hanno subito il taglio dei piani di fabbisogno da parte della precedente
gestione commissariale, a cui non è stato posto rimedio; così come nessuna attenzione è stata posta alla
risoluzione della corretta destinazione dei fondi incentivanti per le attività covid rese dal personale, sanando
l’incongruenza delle assegnazioni fatte alle aziende su una rendicontazione incoerente che le stesse hanno
prodotto. Ancora nessun riguardo alla richiesta necessaria di monitoraggio delle attività aziendali della sanità
pubblica e privata e delle RSA circa i piani di sicurezza dei lavoratori e la loro protezione, così come stabilito
dai protocolli nazionali tra Governo e OO.SS., da esercitarsi nell’ambito del Comitato di sicurezza regionale,
mai riunito. Una totale indifferenza alle richieste di confronto sulla sanità privata e tutto il capitolo degli accreditamenti, ma anche sul mancato finanziamento in quota regionale del rinnovo dei contratti di questo comparto, ormai datato all’ottobre del 2020, ma che la nostra regione sembra ignorare, nonostante l’accordo sottoscritto anche in Conferenza delle Regioni, con la garanzia del Governo, creando le condizioni di rinvio
dell’applicazione del rinnovo e fornendo ai datori di lavoro privati un ottimo motivo per procrastinare gli
incrementi retributivi. Siamo ancora ultimi nelle graduatorie nazionali e non certo solo in quelle concernenti i vaccini. Il fallimento nell’adeguare il sistema assistenziale all’emergenza pandemica è sconfortante, dal mancato incremento dei posti letto all’inesistente riordino della rete ospedaliera e territoriale a fronte di una pioggia di risorse
inutilizzate, mentre il virus continua a correre, procedure e appalti bloccati e i 40 milioni trasferiti dal Governo
alla Calabria dal Decreto Rilancio impigliati da una inerzia burocratica paralizzante, al pari dei 140 milioni di
euro di fondi comunitari che l’Unione Europea aveva consentito a riprogrammare in funzione dell’emergenza
sanitaria, congelati dall’incapacità del Dipartimento della salute, data la sua insufficienza di risorse che
riescono a governare appena le attività ordinarie. Il sistema Sanità calabrese è un colabrodo, dopo 11 anni di commissariamento, con spese che lievitano invece di diminuire, servizi che arretrano e si impoveriscono soprattutto riguardo agli anziani e i disabili, sempre più soli per una rete di assistenza territoriale ormai residuale che riduce progressivamente anche i servizi alle donne e alle famiglie più bisognose, basta guardare l’indecorosa riduzione dei consultori e dell’assistenza domiciliare, così come è allarmante la riduzione dei servizi di prevenzione e l’assistenza ordinaria ai malati cronici o oncologici, non abbiamo mai pensato che al disastro accumulato in tanti anni di cattivo governo e di incursioni del malaffare ci fossero soluzioni immediate e miracolose, ma almeno speravamo, in ultima
istanza, di poter confidare in un rapporto costruttivo e di partecipazione per svoltare davvero verso una
direzione di ricostruzione partendo dall’aspetto più critico, quello di mettere al centro il lavoro e i lavoratori
che, nonostante le condizioni descritte, hanno dimostrato di essere capaci per professionalità e volontà di
reggere l’impatto disastroso della pandemia. Dobbiamo, invece, constatare, delusi, di assistere ancora una
volta allo stesso scenario, frutto di inconsapevolezza del ruolo e di una mancata volontà unilaterale di
costruire un sistema virtuoso di ascolto e partecipazione che è il solo da cui possono conseguire soluzioni
concrete”

“Forse il Commissario ama dialogare solo con chi si presenta con telecamere fuori dal suo ufficio e lo interroga
in diretta “ridicolizzandolo” poi su YouTube? Se è così- concludono Baldari, Giordano e Bartoletti- concludono  è certo che non saremo noi suoi interlocutori privilegiati in quanto adusi a rapporti istituzionali e relazioni di tutt’altro tenore che, se non soddisfatte, prevedono altri luoghi e altri percorsi finalizzati al ripristino di corrette relazioni sindacali e al rispetto delle norme e dei diritti dei lavoratori e dei cittadini”.

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